“Tie-break”, testo e regia di Paolo Zuccari anche interprete assieme a Gaia Insenga e Daniele Natali. Al teatro Cometa Off di Roma

sfida a tennis

Le corna sono una partita di tennis

Per spiegare la vita, ogni metafora può funzionare, basta che in scena sviluppi una drammaturgia coerente e coinvolgente.
Allestito alla Cometa Off di Roma, Tie-beak scritto e diretto da Paolo Zuccari usa, come il titolo indica, il tennis per raccontare una storia d’amore e di tradimento. Il tie-break, come ogni appassionato del tennis sa, è lo spareggio per la conquista di un set quando due giocatori sono a punteggio pari di sei games ciascuno. Forse l’idea non sarebbe dispiaciuta a Brecht, il quale sosteneva che le battute di un dramma sono come una partita di tennis.
Una vicenda di corna non rappresenta proprio un’idea nuova nella storia del teatro, quindi l’autore cerca per il suo spettacolo, del quale è anche uno dei tre interpreti assieme a Gaia Insenga e Daniele Natali, il ritmo di un match di tennis e il significato di un tie-break, che sarebbe appunto uno spareggio, un momento ultimo. È il concetto della fine che guida la drammaturgia mentre il principio è tratto da (The inner game of tennis) Il gioco interiore del tennis di W. Timothy Gallwey – come spiega lo stesso Zuccari in una nota – “in cui due fazioni contrapposte, corpo e testa, si contendono la gestione di ogni partita”. Il sottotitolo di questo libro uscito nel 1974 è (almeno nell’edizione italiana) “Come usare la mente per raggiungere l’eccellenza”. E questo è già un buon consiglio, sottintende che a volte per fare un passo avanti è meglio non usare i piedi. Siamo nel filone dell’editoria americana che produce merce libraria del tipo Come ottenere il meglio da sé e dagli altri oppure I segreti della mente milionaria. Gallwey è un allenatore di tennis che ha trovato l’eldorado con la formula dell’inner game e ha scritto anche Il gioco interiore dello sci, poi del golf; successivamente ha fatto il salto di qualità con tre fulgide opere: Il gioco interiore della musica, indi del lavoro e infine dello stress.
Ora una gran fortuna degli artisti è che sovente pensano di fare una cosa ma non s’accorgono che ne viene fuori un’altra: questo Gallwey nello spettacolo non si sente, oppure sta sotto e non si vede. Si racconta di un marito, una moglie e l’amante della moglie che è il miglior amico del marito e con il quale è in rapporto d’affari, storia condotta con un buon ritmo, alcuni passaggi brillanti e un epilogo tragico. Dentro ci sta ovviamente una partita di tennis ma non si può sostenere che sia avvincente come una sfida fra  John McEnroe e Jimmy Connors (o, per quelli più giovani, fra Roger Federer e Rafael Nadal). È una prova di medio livello, diciamo, fra Walter Trusendi (numero 427 al mondo nel 2015, quattro anni prima di ritirarsi) e Andrea Basso (numero 335 nello stesso periodo). Paolo Zuccari interpreta il marito con una specie di recitazione straniata (non brechtiana) che non sembra essere giustificata dal personaggio ma dalla convinzione dell’attore che va bene farlo così. Siccome Daniele Natali nel ruolo dell’amante non segue e recita senza artifizi, lo spettacolo risulta stilisticamente disomogeneo. Quanto a Gaia Insenga, l’attrice fa il suo mestiere senza offrire una prova alla Chris Evert ma non è nemmeno Diletta Racchetta. Il testo contiene qualche battuta (di servizio) che provoca le risa di una parte della platea (non dell’altra) ma non la volée che fa vincere la partita.

Marcantonio Lucidi,
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