“Diari d’amore”, due commedie di Natalia Ginzburg: “Dialogo” e “Fragola e panna”. In scena fra gli altri, Valerio Binasco e Daria Deflorian. Regia di Nanni Moretti. Al teatro Argentina di Roma

04_Dialogo_GPR59682-Modifica_ph Luigi De Palma

Più borghese della borghesia

L’aspetto divertente dello spettacolo diretto da Mario Rossi… no, la locandina informa che la regia è firmata da un signore che si chiama Nanni Moretti, insomma l’aspetto divertente è la lista dei produttori, dieci in tutto, italiani, svizzeri e francesi. Eccola: Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Carnezzeria, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, LAC Lugano Arte e Cultura, Châteauvallon-Liberté scène nationale, TNP Théâtre National Populaire à Villeurbanne, La Criée – Théâtre National de Marseille, Maison de la Culture d’Amiens e collaborazione di Carrozzerie n.o.t.
Il musical teatrale King Kong, uno dei più costosi della storia, 35 milioni di dollari, di produttori ne ha avuti due, uno per le repliche a Melbourne nel 2013 e l’altro per Broadway nel 2018. Tuttavia, perché prendersi gioco di tutta questa gente che fermamente ha creduto nell’arte dell’esordiente regista teatrale Mario Rossi? No, non Mario Rossi, la locandina ribadisce: “Nanni Moretti”. Neanche i francesi, malgrado li si accusi sempre di snobismo e di nazionalismo, hanno badato al nome, teatralmente ignoto, e invece hanno promosso un debuttante, come sempre si fa in Italia (nevvero?), perché eccellente, eccellentissimo. E merita addirittura il palcoscenico più importante della capitale di questa grande nazione che come l’America offre un’opportunità a tutti.
La superproduzione di tale kolossal teatrale ha coinvolto ben cinque attori e una sontuosa scenografia composta nella prima parte di un letto matrimoniale, due comodini e due lampade. Siccome è firmata da Sergio Tramonti, le lampade sono lampes de chevet. Nella seconda parte, due divani e un tavolino. Va detto però che le scene di Tramonti sono semplici, non povere, e mettono gli attori nelle migliori condizioni per lavorare. Partecipano all’opera del megadirettore dello spettacolo ben due assistenti al casting (a teatro si chiamerebbe distribuzione delle parti) che devono averlo aiutato a provinare una straordinaria mole di artisti della scena. E dall’enorme selezione sono stati scelti Valerio Binasco, Daria Deflorian, Alessia Giuliani, Arianna Pozzoli e Giorgia Senesi.
Dopo le cose serie, adesso lo spettacolo: si rappresenta Diari d’amore, messinscena di due commedie di Natalia Ginzburg. La prima s’intitola con grande fantasia Dialogo ma sarebbe appropriato anche Chiacchiera; la seconda Fragola e panna perché non è Cacio e cavallo. La Ginzburg confondeva il dialogo con il teatro, come scambiare le scarpe con la strada. Qui viene in aiuto l’incisione sulla soglia della porta alchemica a Piazza Vittorio che è una forma particolare di palindromo: “Si sedes non is”, se ti siedi non vai. Letto al contrario dice il contrario: “si non sedes is, se non ti siedi vai. Tutto sommato il teatro, arte alchemica, trasformativa, sta tutto in questa scelta. I personaggi della Ginzburg dimorano quasi sempre seduti, anzi i due del dialogo restano proprio sdraiati a letto. Ora non è detto che in palcoscenico bisogna fare il doppio salto mortale dell’Arlecchino di Ferruccio Soleri per dare un po’ d’azione allo spettacolo. Però la straordinaria, eccezionale logorrea della Ginzburg, il suo teatro della chiacchiera, meriterebbe l’intervento delle guardie per indagare sul geniale omicidio dello spettacolo di prosa. Il colpevole verrebbe presto scoperto, ed è la borghesia naturalmente, trasportata di peso dall’autrice sulla ribalta. L’intento perfettamente riuscito è di mostrare quanto noioso, verboso, spocchioso, barboso, burbanzoso, pretenzioso e anche catramoso risulta il ceto medio irriflessivo, borghesi appiccicosi come le marmellate di fichi che le mogli preparano nelle cucine finto rustiche delle loro case di campagna. Il grande talento di Molière sta nel mettere in scena un borghese cretino senza che sia cretina la commedia, un Monsieur Jourdain senza che faccia notte in scena.
Qualche spettatore si è appisolato domenica scorsa nella beatitudine della pomeridiana festiva, cullato da minuscoli conflitti fra uomo e donna, da microscopici contrasti domestici. Forse però c’è chi ha finto soltanto di dormire perché chiudere gli occhi intorpidisce le orecchie e attutisce i discorsi di questa mediocrissima gente che tradisce il marito (in Dialogo) o la moglie (nella seconda commedia) come l’adolescente tenta di nascondere la puzza dei suoi calzini sotto al letto. Nel 1967, Ennio Flaiano in una recensione proprio a un testo della Ginzburg (La segretaria) argomentava sugli spettatori che dormono a teatro e osservava: “Il sonno infatti è una vita di ricupero, il teatro una vita di ricambio”.
Vita di rimessa invece per i personaggi in scena, al riparo di attori che riescono malgrado tutto a immettere un po’ di vita ai cadaverini garruli della Ginzburg. Soprattutto Valerio Binasco in Dialogo e Daria Deflorian in Fragola e panna danno idea d’una loro distanza dal personaggio e superano la mitraglia di battute scoppiettanti come cartucce bagnate nella morta gora lavorando e spingendo sui tempi, le intonazioni, le pause, sicché il pubblico ride come ci si diverte d’un Vittorio Gassman che recita il menù del ristorante. Gli altri in scena si sforzano di non rimanere impaludati nella classe media.
Quanto al regista, niente di meglio della Ginzburg per chiarirgli che nulla è più serio dell’arte comica e che un debuttante deve fare quel che è in grado di fare. Di quel che vorrebbe fare, se ne può parlare dopo qualche anno di addestramento. Trovarsi a dirigere testi su una classe media che non esiste più e dalla quale l’autrice non estrae un principio universale dell’agire umano, significa rischiare di fare uno spettacolo vecchio e più borghese del borghesume in scena. Sotto questo aspetto una regia c’è.

Marcantonio Lucidi,
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