Ladyvette in “Le dive dello swing” di Federico – Ruggeri – Nerozzi – Prosperi – Vado – Petrolo. Regia di Massimiliano Vado. Al teatro La Cometa di Roma

Ladyvette

La vita è tutta un guizzo

Generalmente quando si mettono in troppi sullo stesso testo viene fuori un pasticcio ed in effetti se si dovesse tenere conto solo della drammaturgia non si potrebbe parlare di uno spettacolo perfettamente risolto. Le dive dello swing è stato scritto a ben dodici mani, che sono sei autori (diviso per tre fa due col riporto di zero). Però sul palcoscenico del teatro La Cometa di Roma ci stanno tre deliziose signorine che si chiamano Ladyvette e non sono il trio Lescano, né il quartetto Cetra né le sorelle Nava né le gemelle Kessler ma Teresa Federico, Valentina Ruggeri, Francesca Nerozzi: la rossa, la bruna, la bionda, sono molto anni Cinquanta, stanno sulla cresta dell’onda, chi parla, chi balla, chi canta.
Si vestono, si svestono, si rivestono, si cambiano di continuo le scarpe, guizzano, s’agitano, fremono, ridono. Sugar Pepper Honey sono i loro nomi di scena. Vogliono fare le americane, vogliono essere un po’ francesi, ma sono pur sempre tre torinesi, delle ragazze assai italiane. Canto di guerra l’inno di Mameli, sorelle d’Italia sono ben deste, successo e fama han per Vangeli, strette a coorte fanno gran feste.
L’esile trama parte da un appartamento torinese negli anni Trenta e racconta di tre sorelle ambiziose che recitano, cantano e ballano. La strada per raggiungere la celebrità è però piena di trappole, di impresari furbacchioni e lascivi, di imbrogli e delusioni e le ragazze, che sono la Niña, la Pinta e la Santa Maria nel mare mosso dello show business, navigano alla ricerca della loro America con determinazione, ironica leggiadria, voglia di vivere sensuale e femminile. Ricche di un vasto repertorio, da Tulipan del Trio Lescano a Bei Mir Bist Du Shein, canzone yiddish poi ripresa negli anni Trenta dalle Andrew Sisters, all’epoca famoso gruppo di tre cantanti americane. Mr Sandman invece è delle Chordettes, quattro ragazze anni Cinquanta del Wisconsin, mentre Jingle bell rock la cantava la solista Brenda Lee. Ma ci sono anche brani di maschi – Johnny B. Goode è di Chuck Berry – e varie cose buffe delle stesse Ladyvette come Tapa tapa (l’epopea del pelo superfluo).
Simpatiche, divertenti, spigliate, cariche di ritmo teatrale e di swing, Ladyvette ha imbroccato una formula di successo e gli applausi finali lo confermano. Regia di Massimiliano Vado, musiche e direzione musicale di Roberto Gori, anche in scena al piano.

 

Marcantonio Lucidi,
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