“Maledetto Peter Pan” di Michèle Bernier e Marie Pascale Osterrieth, interprete solista Michela Andreozzi al Teatro Due di Roma

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Il maritozzo e i cornetti

Titolo di una commedia di Michèle Bernier e Marie Pascale Osterrieth tratta da un fumetto di Florence Cestac, Le démon de midi, letteralmente “il demone meridiano”, è un’espressione francese per indicare la pulsione sessuale che prende gli uomini dai quarant’anni in su e li spinge nelle braccia di donne giovani con spesso la metà dei loro anni. Il titolo italiano, Maledetto Peter Pan, non è impeccabile perché per sindrome di Peter Pan si intende piuttosto la condizione psicologica di una persona che si rifiuta di crescere, di diventare adulta e di assumersi le responsabilità. Ma sono dettagli: interpretato da Michela Andreozzi attrice solista, tradotto e adattato da Carlotta Clerici e Antonella Questa, messo in scena da Massimiliano Vado al Teatro Due di Roma, lo spettacolo è molto divertente.
Quando la protagonista, felicemente sposata, felicemente madre, felicemente donna, felicemente appagata, beh proprio appagata forse no, sono anni ormai che è passata dal “Lo facciamo strano” al “Lo facciamo. Strano”, però insomma è contenta, benestante, il marito lavora tanto, troppo, sta sempre in giro poverino, quando torna la sera si rovescia sul divano invece di rovesciarsi su di lei, insomma quando la protagonista un bel giorno si fa lo shampoo scopre sulla testa due protuberanze. Le azioni, diceva il banchiere Enrico Cuccia, non si contano, si pesano; le corna invece si contano ma devono essere assai leggere se per anni non si fanno sentire. Chi è l’amante? È una che “per leggere Fabio Volo usa il dizionario”, è Susanna, la segretaria del marito, cliché più usurato d’un polsino di camicia, ma si sa, si grufola nel trogolo più vicino e questa è la banalità del normale. Quindi quando la moglie affronta il fedifrago, il drago della fede (per le altre), si sente rispondere: “Ricordati che in questo momento che ti sto facendo soffrire, sto molto più male di te”. Questa è la sofferenza del piacere, il tormento e l’estasi, amor ch’a nullo amato amar perdona e costringe il maschio ad andare dolorosamente a letto con la segretaria, detta la Fatina per la spaventosa enormità del seno, la quale lo brama senza freni e se lo ritrova in casa perché la consorte lo ha cacciato, incapace di sopportare che il maritozzo le abbia fatto i cornetti. Come s’agita la sposa di Michela Andreozzi, telefona alle amiche, parla con la mamma e i parenti tutti, chiama il mondo intero al funerale del suo matrimonio, si deprime e si ringalluzzisce, però essendo femmina si dovrebbe dire che si fa gallina per cercare vendetta presso qualche ruspante maschio dei paraggi e vorrebbe rinnovellare la propria vita per alfine sospirare con il Pascoli de Il gelsomino notturno “La Chioccetta per l’aia azzurra / Va col suo pigolìo di stelle” e invece per l’aia mena il can, poverina, la tira per le lunghe e si dispera e medita il suicidio con una pistolettata per colpa del suo cretinetti. Si capisce che non lo farà perché spararsi da soli è più triste d’una dieta a gallette di farro e forse non esiste donna sull’orbe terracqueo che non desidererebbe prima di trapassare dignitosamente fumarsi una sigaretta con Humphrey Bogart. Salvo quelle che hanno smesso di fumare.
Sicché nel mezzo degli scherzi della nostra vita, la moglie s’interroga sulla coppia e ne vien fuori tutta la farsa della quotidianità coniugale e il rapporto uomo-donna e il triangolo lui – lei – l’altra e la competizione moglie – amante. Che ci vuol fare, signora mia, gli uomini si sono alleati con le puttane e hanno fregato le donne. Tutta carica di gesti, espressioni, toni e buffe mimiche da parere un fumetto che, stufo d’esser costretto nella fissità del foglio da disegno, zompi senza catene e libero finalmente, Andreozzi fa la moglie, il marito, l’amante e pure chiacchiera col pubblico, lo prende in giro come sfotte se stessa di modo che ognuno abbia il suo. E scagli la prima pietra chi è moglie o marito senza il peccato d’essersi astenuto dal delizioso peccato originale che suggella il patto fra Adamo ed Eva.

Marcantonio Lucidi,
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