“Piccoli crimini coniugali” di Éric-Emmanuel Schmitt, con Sara Valerio e Giancarlo Fares diretti da Nicola Pistoia. Alla Cometa Off di Roma

Piccoli crimini coniugali

La crisi della coppia risolta dai comici

Testo di gran successo di Éric-Emmanuel Schmitt, Piccoli crimini coniugali fu messo in scena la prima volta nel 2003 al teatro parigino Édouard-VII con due attori enormi, Charlotte Rampling e Bernard Giraudeau. Delle edizioni italiane si ricordano un ottimo allestimento con Andrea Jonasson e Giampiero Bianchi diretti da Sergio Fantoni e una altrettanto ben fatta messinscena del 2017 con Anna Bonaiuto e Michele Placido anche regista (nello stesso anno uscì l’omonimo film di Alex Infascelli con Margherita Buy e Sergio Castellitto). È un dramma per interpreti di valore che per converso certifica il livello di due attori. Diretti da Nicola Pistoia, Sara Valerio e Giancarlo Fares lo hanno proposto alla Cometa Off di Roma.
Piccoli crimini coniugali è un gioco al massacro fra un uomo e una donna. Può ricordare Chi ha paura di Virginia Woolf? di Edward Albee oppure, per chiarire che l’idea non è nuova, l’ottocentesco I Boulingrin di Georges Courteline. Quando la borghesia decise di distinguere ipocritamente il matrimonio dal patrimonio mediante la burocratizzazione dell’amore, si è affermata la drammaturgia coniugale. Il dialogo fra Lisa e Gilles, i protagonisti della pièce di Schmitt, sposati da quindici anni, si fonda sull’idea, non peregrina, che il certificato di matrimonio è un lasciapassare per l’inferno e che, visto il finale, l’operazione più difficile non è stare insieme ma separarsi. Ci si affeziona molto all’inferno e chi abbandona la via vecchia per la nuova sa cosa lascia, un carcere, ma non cosa trova, foss’anche il paradiso. Però l’autore è più bravo d’un qualunque mezze maniche teatrale che si limitasse a inscenare una crisi di coppia, con tutta la nota rissa verbale strappa intestini, rivendicazioni, rimproveri, rinfacci, offese spacciate per sincerità e convinzioni per verità, avvisi, ultimatum, minacce, sadismo e autolesionismo, la noia del reciproco dilaniamento e lo sfinimento per l’emorragia di amore e pazienza che scorrono via negli scoli del rancore. Schmitt non parte da una condizione ma da una situazione: dopo una botta in testa, Gilles è finito all’ospedale e ha perso la memoria. Non ricorda più nulla della sua vita, del lavoro, della casa, della moglie. Adesso i due coniugi sono tornati nel loro appartamento e Lisa tenta di tirare fuori Gilles dall’amnesia. Da qui nasce il dialogo che riserva una serie di sorprese, di colpi di scena, improvvise rammemorazioni, sospetti, menzogne, tranelli e inganni. Una magnifica serata in casa.
La trovata è la perdita della memoria naturalmente, qui si gioca tutta l’originalità della pièce, la quale altrimenti sarebbe solo una tiritera sulla coppia che scoppia, sul cappio della coppia, su dio li fa e poi li accoppa. Un dettaglio instrada lo spettatore: Gilles è uno scrittore di romanzi gialli e il dialogo ha un andamento poliziesco con la variante che i protagonisti non sono il poliziotto e l’omicida, ma due colpevoli, due assassini. Il cadavere è l’amore.
Tutto ciò necessita di un equilibrio interpretativo: se gli attori accelerano e spingono troppo (sull’aggressività, sulla crudeltà, sulla violenza verbale), lo slancio li porta a esagerare nell’intenzionalità e deragliare su certi passaggi più sottili; se invece vanno troppo prudenti e mancano i tempi, la rappresentazione si siede. Quindi per montare questo duetto bisogna essere in tre: lui, lei e un regista che deve impostare la prova degli attori su un ritmo preciso. La costruzione dei toni e dei movimenti è la difficoltà e la salvezza. È tutta questione di tecnica, in battuta e fuori battuta, nello scambio rapido e nelle tirate, silenzi, tempi e controtempi. Sara Valerio e Giancarlo Fares, perfettamente coordinati, mettono il duello verbale sul piano di un gioco teatrale da sostenere con una certa distanza interpretativa per esaltare il carattere tragicomico dei personaggi. Non forzano sentimentalmente Lisa e Gilles, non li imburrano di psicologismo, ma li espongono al pubblico con spirito entomologico, come insetti dei quali studiare il bizzarro comportamento. È il gioco della coppia di comici, assai più divertente e mordace d’una pariglia di coniugi in crisi.

Marcantonio Lucidi,
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