“Alice” di Amy Conroy, regia di Elena Sbardella, con Ludovica Modugno e Paila Pavese. Al teatro La Cometa di Roma

Alice

Per fortuna ci sono le attrici

Tutto lo spettacolo si regge su Ludovica Modugno e Paila Pavese che interpretano due deliziose, aggraziate compagne di vita e d’amore, la prima dal carattere volitivo e impertinente, la seconda discreta e un po’ svampita, leggera leggera come una fanciulla in fiore, pur essendo una pensionata come la sua convivente. Si stanno baciando fra i corridoi di un supermercato, fra le zuppe e i preconfezionati, una regista di teatro le vede e propone loro di andare in scena a raccontare la loro storia.
Alice è un testo dell’irlandese Amy Conroy allestito alla Cometa di Roma con la regia di Elena Sbardella ma è soprattutto la prova d’una coppia di attrici di esperienza, di bel mestiere, dai tempi comici molto efficaci. La platea ride spesso e soprattutto sorride sempre malgrado il testo non sfrutti appieno le proprie potenzialità. Le signore si chiamano tutt’e due Alice ma sono piuttosto diverse: una si è sempre dichiarata omosessuale, ha lavorato alla galleria nazionale d’arte e chiaramente ha frequentato un ambiente spigliato e privo di pregiudizi; l’altra, di mentalità alquanto borghese, è una ex impiegata di banca, vedova d’un marito al quale voleva bene ma che non amava.
Stabilite le differenze, ci si aspetterebbe una comicità generata da contrasti, incidenti, equivoci, dall’invenzione drammaturgica di situazioni buffe, imbarazzanti, incongrue. Invece si tratta tutto sommato di una storia d’amore come se ne possono raccontare tante e il divertimento sta nel modo con il quale le due attrici colgono tutte le occcasioni di costruzione dei personaggi, arricchendoli della loro capacità interpretativa, creandoli sic et simpliciter con i loro gesti e atteggiamenti, con i toni di voce e i tempi di battuta.
Non c’è intreccio, non c’è nodo drammaturgico né conflitto, la regia appare del tutto minimale, sembrerebbe quasi un terz’occhio, però ci sono loro due che giocano, ridono, felici di stare lassù a modulare le loro belle voci di doppiatrici e a donare densità teatrale alle due ragazze attempate, così come l’avrebbero parimenti potuta dare a due fumetti di Claire Bretécher. E tanto basta per la serata.

Marcantonio Lucidi,
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