“Streghe da marciapiede” di Francesco Silvestri, regia di Stefano Amatucci, con Luisa Amatucci, Miriam Candurro, Antonella Prisco e Gina Amarante. Al teatro Vittoria di Roma

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Una commedia come un munaciello

Di Francesco Silvestri scomparso troppo presto la vigilia di Natale del ’22 all’età di sessantaquattro anni, è andata in scena al teatro Vittoria di Roma una commedia intitolata Streghe da marciapiede. Silvestri è stato un autore appartenente alla generazione dei drammaturghi partenopei post eduardiani, come Annibale Ruccello col quale collaborò spesso, che seppero rispondere con originalità alla domanda: e adesso dopo Eduardo cosa si può scrivere?
Naturalmente anche nel caso di quest’uomo di teatro, Napoli è il centro dell’universo e il suo popolo, per meglio dire il popolino, la povera gente, il cuore dell’umanità. Protagoniste, come suggerisce il titolo, quattro prostitute – Gina, Morena, Alba e Tuna – che la regia di Stefano Amatucci e i costumi di Teresa Acone spostano dagli anni Ottanta dell’originale agli anni Venti. La ricollocazione storica è funzionale a una leggiadria che rende la rappresentazione più giocosa, con un’atmosfera (almeno inizialmente) da tabarin, e aumenta per distanza temporale il clima surreale della commedia. Tuttavia il regista ha ritenuto di apportare anche alla drammaturgia dei cambiamenti: “Due modifiche pur lasciando integro il testo di Silvestri. Ho eliminato fisicamente il giovane misterioso dalla scena ma ho mantenuto la sua influenza e presenza attraverso i racconti delle quattro prostitute e dell’ispettore. Quest’ultimo, a differenza del testo originale in cui era solo menzionato ed evocato, l’ho reso un personaggio reale, coinvolto fin dall’inizio dall’ombra del sospetto che le quattro imputate nascondessero una natura malefica, fino a diventare succube delle loro manipolazioni e delle dinamiche oscure che governano le menti e le vite delle quattro donne e dell’intera vicenda”. Permangono comunque i temi del dramma: la violenza, il riscatto, l’identità sessuale e resta l’idea drammaturgica di Silvestri di costruire una black comedy di impronta surreale, un po’ realistica e un po’ fantasiosa.
Le interpreti provengono dalla soap opera italiana Un posto al sole. Un ingiusto pregiudizio indurrebbe a dubitare che delle attrici di una serialità televisiva possano stare in scena con mestiere teatrale. L’arte invece è imprevedibile, Luisa Amatucci, Miriam Candurro, Antonella Prisco e Gina Amarante si rivelano delle sorprese. Offrono caratterizzazioni dei rispettivi personaggi umoristiche quando conviene, malinconiche se necessario, tragiche a momenti secondo l’idea che la vita è una gran fatica, sovente una disgrazia e una tragedia ma sempre un’avventura.
Le quattro “signorine”, che vivono insieme nello stesso appartamento, sono imputate dell’omicidio di un giovane bellissimo che una di loro ha portato a casa. Attraverso dialoghi e monologhi, Silvestri costruisce un piccolo mondo di bugie e verità, di relazioni e solitudini generate attraverso la situazione ma soprattutto mediante le diverse personalità delle protagoniste. Se una è materna l’altra è aggressiva, se la terza è una piccolo-borghese con ambiguità omosessuali, la quarta è più lineare e franca ma segnata da uno stupro. Si compone così uno spettacolo con una regia semplice, non particolarmente originale ma al servizio delle interpreti. In scena anche Peppe Romano, incaricato di rompere e ripristinare i tempi della rappresentazione dando ritmo all’azione e compiutezza alla storia.  Lavora nel triplo ruolo di ispettore, dirimpettaio e munaciello che a Napoli è uno spiritello bizzarro e imprevedibile come questa commedia di Francesco Silvestri.

Marcantonio Lucidi,
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