“Saved” di Edward Bond, regia di Gianluca Merolli anche interprete assieme a Lucia Lavia. Al teatro Vascello di Roma

Saved

Cannibali di periferia

Di Edward Bond si dà al teatro Vascello di Roma Saved (Salvati), testo del 1965 che lanciò il drammaturgo britannico. Questo dramma rappresenta l’inverno del nostro scontento, come dice il Riccardo III shakespeariano. Ed è un caso (ma non è un caso) che lo spettacolo sta in scena proprio nei giorni in cui l’ultimo rapporto Censis sulla situazione sociale parla di un’Italia in cui cresce il rancore. Siccome il Censis è un istituto di ricerca molto istituzionale, non usa il vero termine che caratterizza il comune sentire attuale, che è l’odio. L’odio per la banda di politici bricconi alleata con la criminalità capitalista che ha distrutto il paese.
Saved mostra cosa può succedere nelle fasce sociali deboli, in questo caso il proletariato della periferia londinese, quando sono condannate all’emarginazione sociale, economica e culturale da quelli che Jean-Paul Sartre chiamava “les salauds”, i maiali, che in malafede fanno del male agli altri per il proprio tornaconto, gli egoisti senza freni, senza scrupoli, senza compassione.
Succede che un neonato in carrozzina viene ucciso a pietrate da una banda di giovani di cui fa parte il padre. Le vittime del “sistema”, forzate in un vicolo cieco esistenziale, finiscono per cannibalizzarsi perché non sono più neanche in grado di assurgere a una coscienza critica foriera di una rivolta e spargono il loro stesso sangue invece di quello dei loro carnefici. Saved è un dramma di antropofagia endogena, fisica e psicologica. Attraverso le vicende di una famiglia disarticolata nei suoi rapporti interpersonali, squinternata dalla perdita individuale e collettiva del senso di responsabilità, di solidarietà, di giustizia, affogata in una condizione spiritualmente subumana, il testo di Bond si rivela un inferno vivibile: proprio in virtù di quella capacità di adattamento che ha consentito alla specie umana di sopravvivere, gli individui si adeguano alle condizioni disumane imposte dal potere. Da questo punto di vista il dramma è piuttosto attuale, risente invece del mezzo secolo passato dalla sua stesura nei modi e nei caratteri dei personaggi, i quali sono provvisti d’una bestialità che non è più quella d’oggi: più chiara e identificabile una volta, più ambigua e indiscernibile di questi tempi.
In scena si distingue Lucia Lavia – una giovane madre nevrotica, aggressiva, disperata – e l’intero gruppo di interpreti funziona, riproduce un interno familiare patologico, brutale, cinico, un’umanità che non è neanche poetica nella sua marginalità, come per esempio in Franco Scaldati. Non ha nulla da dire, neanche nell’epilogo, la commedia finisce semplicemente perché deve finire. Ha da dire solo che non ha nulla da dire. Tutti da nominare gli attori: Francesco Biscione, Manuela Kustermann, Marco Rossetti, Gianluca Merolli anche regista ed inoltre Antonio Bandiera, Carolina Cametti, Michele Costabile, Marco Rizzo e Giovanni Serratore. Costumi di Domitilla Giuliano che centra quella volgarità tipica della gente che non ha e agogna di avere, un vestire pacchiano e povero ma sgargiante, da stivali bianchi brillanti di plastica comprati in uno store di resti di magazzino.

Marcantonio Lucidi,
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