“Qui è così!” di e con Mauro Perugini. Al Teatro Tor Bella Monaca di Roma

Qui è così!

Fu vera baldoria?

Gira da anni presso certa gente di palcoscenico l’ideologia dello spettatore attivo. Chissà perché, il cristiano che stasera ha deciso, bontà sua, di andare a sedersi in una platea va coinvolto, sollecitato, reso partecipe, senza che vengano tenuti in considerazione due aspetti centrali nel rapporto fra artisti e pubblico: il primo è che l’avventore paga un biglietto non per lavorare ma per vedere lavorare qualcun altro; il secondo è che se da ormai più di due secoli s’usa inchiodar poltrone al pavimento della platea, è per farlo rilassare e stare tranquillo, lo spettatore, ad osservare quanto succede in scena, non per costringerlo a stare dietro alle astuzie conversazionali atte a ingraziarsi il pubblico e magari anche a giocarselo per scansare le cadute di ritmo.
Sono espedienti legittimi – a teatro come in amore tutto è permesso – ma eccedere come fa Mauro Perugini in scena al Teatro Tor Bella Monaca è come per un prestigiatore ripetere il numero finché non si vede il trucco. Qui è così! è il titolo assertivo di questo one-man show la cui comunicazione ricorda gli spettacoli dei villaggi-vacanze fondati sul sottinteso che siccome ci si incontra tutti in spiaggia, non formalizziamoci e mettiamola subito sul confidenziale. Perugini chiede a uno spettatore di alzarsi ogni trenta minuti ed esclamare “Mi chiamo Massimo ed è passata mezz’ora”; distribuisce bicchieri di prosecco al pubblico e chiede di brindare; interpella Tizia, chiede a Caia, apostrofa Sempronio.
Ma Perugini di che parla con il suo monologo? In teoria del rapporto di coppia, di lei che non trova mai le chiavi nella borsetta e di lei che negli anni Settanta si è fissata col macrobiotico. Poi però si va alla deriva verso l’importantissimo argomento sul motivo per il quale nel porno amatoriale il maschio porta sempre i pedalini corti. Siccome si sta sotto l’ombelico, voilà il monologhetto sull’attacco di colite. Tuttavia l’argomento principale pare lo show in sé: “Questo è uno spettacolo per voi”, “Uno spettacolo così ve l’aspettavate?”, “ E se vi chiedessero un aggettivo su questo spettacolo?”. Ma la battuta che fulmina è la seguente: “Io per dieci euro vi ho fatto stare bene due ore”. Fu vera baldoria? Ai posteri l’ardua sentenza.

Marcantonio Lucidi,
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