“Festen – Il gioco della verità” di Thomas Vinterberg, Mogens Rukov e Bo Hr. Hansen, adattamento di David Eldridge, regia di Marco Lorenzi. Con, fra gli altri, Danilo Nigrelli e Irene Ivaldi. Alla Sala Umberto di Roma

Festen

Guàrdate da li parente

Festen – Festa in famiglia è un film del regista danese Thomas Vinterberg uscito nel 1998, adattato per il teatro da David Eldridge, allestito alla Sala Umberto di Roma e sottotitolato Il gioco della verità, regia di Marco Lorenzi, interpretazione, fra gli altri, di Danilo Nigrelli e Irene Ivaldi.
Lo spettacolo è costruito riprendendo l’azione teatrale con una videocamera manovrata dagli stessi attori che rimanda su un telo posto in avanscena le loro immagini ingigantite e dettagliate con primi e primissimi piani. Lo schermo lascia anche intravvedere gli attori in carne e ossa, generando delle sovrapposizioni fra il reale e il filmico, o meglio fra l’immagine teatrale e quella video. L’uso delle proiezioni a teatro è in linea di massima una dichiarazione di sfiducia nella scena, nelle sue possibilità evocative e nella sua potenza metaforica, ben superiori allo schermo. Peraltro il film era il primo di un movimento cinematografico creato nel 1995 da Thomas Vinterberg e Lars von Trier chiamato Dogma 95 (Dogme 95). Il manifesto programmatico conteneva un decalogo di regole per la creazione di film basati su una sobrietà formale più espressiva, deprivati di ambizioni estetiche, di effetti speciali e tecnologie elaborate. Ora, a teatro i video equivalgono ad effetti speciali nel cinema. Quindi dal punto di vista dell’ideologia estetica, l’allestimento risulta in contraddizione con il film di Vinterberg. Tuttavia l’uso che qui si fa delle immagini proiettate trova una ragione solida nella storia raccontata, la quale si appoggia sulla relazione fra vero e falso (restituita in scena mediante la sovrapposizione fra verosimile teatrale e falsificazione cinematografica): oggi i Klingenfeldt, ricco clan danese, festeggiano i sessant’anni del capofamiglia, Helge. Ci sono proprio tutti, la moglie e madre Else; i tre figli Christian, Michael e Helene; il nonno, padre di Helge; la cameriera Pia, segretamente innamorata di Christian. Manca Linda, la quarta sorella, gemella di Christian, si è suicidata tempo addietro, anzi c’è anche lei ma in forma di spettro. Siccome il film è di un quarto di secolo fa e la sinossi sta dappertutto sul web, non si fa peccato a raccontare quanto avviene: invece di fare un discorso in omaggio al padre, così bravo e così ricco, Christian rivela che Helge per anni ha stuprato lui e Linda quando erano bambini. Di fronte alla truce verità, gli altri Klingenfeldt si raggelano, però insomma non bisogna rovinare questo radioso giorno di festa in onore del capotribù. Quindi si procede come se niente fosse. Poi però, dopo un altro po’ di rappresentazione, Christian ritorna sul fattaccio e accusa la madre di  avere visto in passato il padre intento ad abusare di lui e di Linda, ma di avere fatto finta di niente. Sembra che più colpevole del padre, sia la madre perché, come ben si sa anche in Italia, è l’omertà a lastricare la strada del crimine. Comunque stavolta la reazione degli altri familiari è aggressiva ma si cerca comunque di andare in qualche modo avanti con la festa. Le proiezioni video hanno anche il compito di distanziare la vicenda dal pubblico, di rendere più fredda la caratterizzazione dei personaggi e di esaltarne quindi il disegno drammaturgicamente già preciso e necessitoso solo di nitidezza scenica.
Uno spirito cinico troverebbe il dramma un po’ moralistico sostenendo che l’ipocrisia è la salvezza del mondo. Senza un esercizio costante dell’ipocrisia la specie umana si sarebbe estinta da gran tempo. Quanto alla famiglia, persino le persone più oneste, perbene e gentili della Storia, avvertono: “Guàrdate da li parente” (Jacopone da Todi, Laudi, VI, 14). La famiglia è lo spazio entro il quale le nuove generazioni vengono trasformate in branchi di lupi per essere in grado di sopravvivere in mezzo ai lupi. Chi ha subito violenza ricambierà con la violenza. Anche la verità è violenta ma contiene una carica che provoca la distruzione dell’inferno mentre l’ipocrisia lo riorganizza salvandolo dal rischio che il diavolo teme sopra ogni cosa, la scomparsa dell’umanità. Quindi il moralismo mette in pericolo l’umanità e interrompe la Festen, la festa in famiglia, perché dopo la verità non c’è più nulla da dire.
Danilo Nigrelli interpreta Helge, il sessantenne pervertito, e Irene Ivaldi la moglie Else; Elio D’Alessandro è Christian; Barbara Mazzi e Raffaele Musella gli altri due fratelli Helene e Michael; Carolina Leporatti la moglie di Michael; Roberta Lanave s’impegna nel doppio ruolo della cameriera Pia e di Linda, la sorella suicida; Angelo Tronca fa il nonno e Yuri D’Agostino il maestro di cerimonie e amministratore della società di Helge. Si tratta di un’ ottima compagnia teatrale, che si spera di rivedere nuovamente in scena, diretta da un regista abile assai a organizzare uno spettacolo non facile da allestire. Si sa, l’organizzazione è lo strumento migliore per costruire degli inferni ben funzionanti.

Marcantonio Lucidi,
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