“Cyrano de Bergerac” di Edmond Rostand, adattamento e regia di Nicoletta Robello Bracciforti, con Luca Barbareschi, Linda Gennari, Duilio Paciello. Al teatro Eliseo di Roma

Luca Barbareschi in Cyrano - Foto di Bepi Caroli DSC_0448 Media OK

Troppo perfetto per vivere

Uno spettacolone il Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand in scena all’Eliseo di Roma con la regia e l’adattamento di Nicoletta Robello Bracciforti e l’interpretazione nel ruolo del titolo di Luca Barbareschi. Ventiquattro attori di cui nove sono allievi e allieve del corso di recitazione della scuola d’arte cinematografica Gian Maria Volonté; scene sontuose, bellissime di Matteo Soltanto che costruisce architetture spostate a vista di scale, palchi a più piani, pertugi, anche un teatrino per la prima scena e per l’ultima un albero fatto di sole corde di teatro intrecciate e annodate; e sono combinazioni raffinate i costumi di Silvia Bisconti che mescolano il Seicento guascone, spadaccino e picaresco con l’Ottocento della borghesia da Terza Repubblica francese e il Novecento delle uniformi e degli elmetti militari.
Questo allestimento rappresenta uno sforzo produttivo che dovrebbe essere assicurato da uno stabile pubblico, istituzionalmente preposto alla salvaguardia del grande teatro di tradizione nel segno di una distanza dalle logiche commerciali a favore di quelle culturali. Invece se ne incarica un privato, l’Eliseo, senza neanche avvalersi di una coproduzione di sostegno. Un caso particolare non fa una situazione generale però c’è una tendenza del sistema pubblico, a Roma per esempio, a farsi teatrificio a corta tenitura. Il Cyrano de Bergerac sta in cartellone tre settimane: non è ancora la lunga tenitura, ma comunque va in controtendenza rispetto all’andazzo attuale. I biglietti vanno dai 35 ai 15 euro, costi in effetti moderati rispetto all’impegno della produzione, contrariamente a quanto sostenuto varie volte dallo stesso patron dell’Eliseo Luca Barbareschi sulla necessità di una politica dei prezzi all’americana, cioè sensibilmente più alti.
Cinque atti in versi quasi tutti alessandrini scritti in un anno fra il 1896 e il 1897, Cyrano de Bergerac è una delle pièce più rappresentate in Francia seppur sia difficile da allestire e recitare, prevede duelli e una scena di battaglia, molti cambi scena e presenta in versione integrale almeno una cinquantina di personaggi. Rostand si ispirò liberamente alla figura dello scrittore libertino secentesco Savinien de Cyrano de Bergerac (1619-1655) per inventare un ruolo massimo del repertorio teatrale occidentale. Cyrano contiene una difficoltà interpretativa evidente e una contraddizione che gli assicurano fama imperitura: è un Capitan Spaventa dall’anima poetica, un matamoros dalla testa versificatoria e dal cuore amoroso, un infilzacristiani tonitruante e malinconico. Un ribelle timido. Il suo spirito libero lo perde nel gioco della vita, la sua grazia interiore lo condanna nel gioco dell’amore. Ha troppo naso e poco fiuto. Troppa spada con gli uomini, poco fioretto nel mondo degli uomini. È vittorioso nell’anima ma sconfitto nella materia. La sua straordinaria destrezza nella scherma è la rappresentazione fisica della sua magnifica abilità di poetare. Azione e contemplazione: un uomo perfetto, perfetto perfino nell’enorme imperfezione del naso, quindi totalmente inadatto.
Per Barbareschi, per la sua indole di attore, il rischio starebbe nel volgere il personaggio soprattutto dal lato del temperamento bellicoso e rodomontesco fino a squilibrarlo e sottrargli il significato della sua sconfitta esistenziale. Risalta invece chiaramente nella prova dell’interprete che l’esuberanza, il vitalismo, la spacconeria di Cyrano rappresentano la manifestazione esteriore di una condizione interiore di forza uguale e contraria. Colto interpretativamente questo aspetto, Barbareschi non ha difficoltà a portare il personaggio verso il proprio dramma di innamorato di Roxane la quale ama, ricambiata, il bel Cristiano. La ragazza crede che le soavi, poetiche parole d’amore e le lettere appassionate provengano da Cristiano stesso, mentre sono dette da Cyrano nell’ombra della notte e scritte nella lontananza del campo di battaglia.
Roxane è interpretata da Linda Gennari e la si vorrebbe più eterea, più leggiadra, meno grintosa e volitiva, insomma maggiormente simile all’immagine che generalmente ci si fa della romantica fanciulla ottocentesca. L’attrice offre invece un disegno di femmina secentesca energica e decisa, per quanto affascinata dalla poesia. Però si trattava di scegliere fra l’interpretazione di una donna, o meglio dell’idea di donna, del periodo in cui scriveva Rostand oppure del secolo in cui la vicenda è ambientata. Comunque Gennari è un’interprete interessante, di carattere, come si dice, non si lascia travolgere dal protagonista e concretizza la sua Roxane con coerenza. Non da meno Duilio Paciello a fare Cristiano, che ancor di più rischia l’ombra, condannato da Rostand quale belloccio senza talento e completamente schiacciato dall’eccezionalità di Cyrano. Gli onori dell’amore e della poesia non sono per Cristiano, il quale viene ucciso dall’autore appena non serve più alla gloria del protagonista. Paciello quindi ha l’arduo compito di tenere il personaggio nella mediocrità senza essere mediocre egli stesso e alla fine esce di scena come un cadavere inutile avendo ben servito e Cyrano e lo spettacolo. Bene in parte appaiono anche Thomas Trabacchi (De Guiche), Massimo De Lorenzo (Le Bret) e Duccio Camerini nel ruolo del cuoco e pasticcere Ragueneau  da lui molto ben caratterizzato e credibilissimo poi quando deve stare silente e in disparte a disperarsi al momento della morte di Cyrano.
La direzione di Robello Bracciforti sfrutta appieno le occasioni teatrali offerte dalla scenografia, muove la massa degli attori con perizia e in certi momenti si concede la civetteria registica di disporla a mo’ di tableau vivant. Sua anche la traduzione che trasferisce l’alessandrino francese dell’originale al martelliano italiano, lavoro serio e complesso tenuto conto del fatto che solo per la parte di Cyrano, Rostand scrisse circa milleseicento versi. Luci di Pietro Sperduti quasi perfette, salvo un proiettore che da sotto una botola aperta illumina la terza balconata del teatro.

Marcantonio Lucidi,
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